Nel nostro Paese repowering e revamping degli impianti fotovoltaici hanno raggiunto volumi più ragguardevoli che nel passato, ci sono oltre 18,5 GW di impianti fotovoltaici che nel 2024 compiranno almeno 10 anni di vita. Di questi, oltre il 22%, pari a più di 4 GW, ha una potenza di almeno 1 MW. Sono sostanzialmente impianti a terra, ormai arrivati o che hanno già superato il giro di boa dei 20 anni di incentivi del Gestore dei servizi energetici (Gse); i Conti energia sono stati cinque, tra il 2005 e il 2013.

Nella maggioranza dei casi di revamping e repowering di impianti a terra, la scelta è di sostituire i tradizionali moduli dotati di backsheet, quindi monofacciali, con pannelli bifacciali e di rimpiazzare i vecchi supporti fissi con sistemi di sostegno a inseguimento monoassiali, i cosiddetti“tracker”.

Quindi revamping, repowering o entrambi? La potenza dei moduli installati una decina di anni fa era circa la metà rispetto a quella dei moduli attuali. Ciò vuol dire che oggi si riesce a installare la stessa potenza di 10 anni fa più o meno in metà dello spazio.

Scegliere fra repowering e revamping, però, non è tanto una questione di spazio, ma soprattutto di tempo, cioè di quanto il proprietario dell’impianto sia disposto ad aspettare per la connessione di una maggiore potenza in ingresso, se la rete non è immediatamente capace di assorbirla. Alcuni produttori sono disposti ad attendere anche due anni per ottenere le soluzioni di connessione necessarie a fare il repowering di un impianto a terra. Altri invece preferiscono limitarsi a un revamping a parità di potenza e finire i lavori in tempi molto più brevi sfruttando i punti di connessione esistenti. Una soluzione non esclude però necessariamente l’altra.